Il sunto di uno scritto più ampio di Giovanni S. Mazzini. Poi guarderemo altri aspetti.
Stato delle costruzioni navali inglesi alla fine del XVIII secolo.
La descrizione della tipologia del naviglio militare, soprattutto quella delle unità maggiori di legno, non potrebbe essere pienamente compresa senza premettere alcune note relative ai cambiamenti strutturali apportati all’inizio del XIX secolo da sir Robert Seppings per rimediare alle gravi insufficienze dei metodi costruttivi tradizionali. La maggioranza degli Autori moderni ha infatti giustamente notato gli scarsi progressi sostanziali compiuti, a dispetto delle apparenze, dalle costruzioni navali inglesi nel XVIII secolo. Effettivamente, tra due vascelli di pari caratteristiche, uno agli inizi del secolo ed uno alla fine, le differenze nelle forme e nelle prestazioni sono innegabili e del tutto favorevoli al secondo, ma il sintomo della povertà di idee nuove, si trova espresso nella persistenza del potere decisionale nelle mani dei costruttori anziché in quelle degli architetti. È ben noto a chiunque che nessuna scienza può progredire in mancanza di dati oggettivi ripetibili, frutto di una sperimentazione razionale, ma questo strumento conoscitivo era volutamente ignorato dalla maggioranza dei costruttori pratici a causa della loro impreparazione, se non ignoranza, in fatto di matematica e fisica. Essi preferivano seguire la via della SHADOW BUILDING, “costruzione ombra” cioè empirica, affidandosi alla THUMB’S RULE ovvero la regola del pollice, nulla di più del loro espertissimo occhio: ma realizzare ad occhio la miglior forma di carena per una determinata nave con una particolare alberatura è arte, non scienza; e l’arte muore col singolo mentre la scienza sopravvive nella ragione di tutti. All’atto pratico, tuttavia, le prospettive non potevano dirsi senza speranza, e ciò per due ragioni. Anzitutto, si sarebbe avuto un insensibile ma continuo miglioramento nelle costruzioni navali indipendentemente dagli studii di teoria della nave, grazie alla progressiva e costante introduzione di ingegnosi accorgimenti pratici; in secondo luogo, questi studi teorici erano stati iniziati alla fine del XVII secolo, nonostante l’insipienza, la presunzione e l’indolenza li rendessero lettera morta agli occhi della maggior parte dei costruttori inglesi. D’altra parte, pochi di loro sarebbero stati in grado di tradurre in quinti e seste le formule di matematica superiore, e non è dunque un caso se la loro bibbia rimase per più di un secolo l’opera di Sutherland THE SHIP-BUILDER’S ASSISTANT (1711), assolutamente pratica e basata su semplici calcoli geometrici, quando l’equivalente francese, cioè il trattato di DUHAMEL DE MONCEAU, era un’ottima sintesi di premesse matematiche e di nozioni pratiche. Nella seconda metà del XVIII secolo non si potè dunque che constatare una decisa superiorità architettonica (e quindi evolutiva) delle navi francesi su quelle inglesi nonostante le opere di HOSTE, BOUGER, CHAPMAN, e JUAN, ben note su entrambe le rive della Manica; la solo opera teorico-pratica inglese di MUNGO MURRAY (1744) è quasi una parafrasi del trattato di DUHAMEL, e dopo di essa occorre attendere il 1796 ed il 1798 perché due comunicazioni di sir JACOB ATTWOOD riescano a smuovere le acque.
Due testimonianze da parte inglese illustrano chiaramente lo stato di profondo malessere in cui versava la cantieristica navale della nazione, che per un’apparente paradosso, era padrona dei mari. Riferendosi all’ARCHITETTURA NAVALIS di CHAPMAN, ecco quanto osserva DAVID STEEL nel suo trattato di costruzione del 1805: “Quand’anche le opere del celebre Chapman fossero tradotte in inglese, il loro valore resterebbe di poco momento perché i concetti di matematica superiore ivi esposti sarebbero compresi da ben pochi dei nostri mastri d’ascia”. Questa pura considerazione pareva il logico corollario allo sconsolante rapporto di un tecnico dell’Ammiragliato, WILSON: “Nel 1794 il vascello da 64 cannoni Anson fu trasformato in fregata da 38; benché in tutte le altre nazioni marittime la scienza delle costruzioni navali fosse perfettamente intesa, i costruttori inglesi dimostrarono la loro colpevole ignoranza al punto che questa operazione, volta a realizzare una buona nave dopo accurati calcoli, se mai fosse stata ben condotta, si risolse in un fallimento. Più di due metri di murata un ponte più alcuni cannoni, per un totale di 160 tonnellate, dovettero essere rimossi per guadagnare stabilità; ma del tutto assurdamente, la superficie velica fu ridotta di un sesto. Durante la sua prima crocièra il rollio fu tanto violento da rompere parecchi ricambi di alberi di gabbia. Allo scopo di ridurre tale difetto, nel 1795 alberatura e crociate vennero sostituiti con altri di maggiori dimensioni, ma non essendo stata ridotta la zavorra esso rimase un bastimento di disagevolissima manovra, onde il logorio della guarnitura si dimostro eccessivo. Altri vascelli da 64 cannoni furono rasati, alberati e zavorrati nello stesso modo e, inutile dirlo, dovettero patire le stesse difficoltà: anche dopo la sostituzione dell’alberatura restarono cattive navi. Se la loro trasformazione fosse stata attuata con criteri scientifici, la marina avrebbe potuto disporre di una classe di grandi fregate in grado di competere con le corrispondenti americane, e molti disastri cui dovemmo soggiacere durante la scorsa guerra con quella nazione a causa della loro superiorità, si sarebbero potuti evitare e gli eventi avrebbero forse preso un corso opposto”.
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